Ancora oggi il patto di non concorrenza è un argomento spinoso, sia per le aziende che per i freelance, soprattutto alla cessazione del lavoro.
L’art. 2596 c.c. disciplina il patto di non concorrenza per il lavoratore autonomo, diversamente da quanto previsto all'art. 2125 c.c. per il lavoratore dipendente.
Con il patto di non concorrenza si vuole porre un limite alla libera iniziativa del freelance di contattare i clienti dell’azienda per la quale ha lavorato, offrendo servizi simili o uguali.
L’articolo in questione è rubricato “limiti contrattuali della concorrenza”, in questo approfondimento vedremo gli elementi che rendono valida tale clausola.
1)Forma
Il codice civile precisa che la forma scritta rileva ai fini della prova, quindi in sede di contenzioso tra le parti. Pertanto, il patto di non concorrenza può essere previsto in un documento separato o, come spesso accade, viene inserito nel corpo del contratto.
Diversamente, qualora il divieto di concorrenza fosse previsto solo in forma orale, la sua violazione non potrebbe essere provata in Tribunale.
2) Durata
Il secondo limite riguarda la durata del patto: non può superare i 5 anni.
Nell’ipotesi in cui non fosse prevista una durata, si applicherà questo termine massimo.
Parimenti, una durata superiore ai 5 anni, non potrebbe considerarsi valida.
Ponendo un limite alla durata del patto di concorrenza, il freelance potrà sapere, dalla sottoscrizione del contratto, la durata del vincolo e potrà valutare in anticipo le future scelte lavorative.
3) Zona e attività
Questi due elementi segnano il limite spaziale e lavorativo del freelance.
Per evitare successive contestazioni, è bene inserire una descrizione dettagliata dell’area geografica in cui il freelance non potrà lavorare: ad esempio indicando il Comune dove ha sede l’azienda, la Regione o anche all’intero territorio nazionale.
Quanto poi all’attività, deve essere descritta in modo preciso l’attività che il freelance non potrà eseguire in concorrenza con l’azienda. Consiglio ai miei clienti di allegare al documento una scheda.
Ricordo poi che il mancato rispetto di tali limiti, spesso, si accompagna al pagamento di una somma di denaro a titolo di penale, che viene inserita contrattualmente.
4) Compenso
Il compenso non è previsto dal codice civile, diversamente da quanto disciplinato per il lavoratore dipendente.
Tale assenza, però, non vieta il freelance dal poter richiedere all’azienda un’indennità, come quella di natura non provvigionale prevista per il contratto di agenzia (art. 1751-bis c.c.).
Non dimentichiamo, infatti, che il contratto, è l’accordo delle volontà di entrambe le parti, pertanto questa questione potrebbe essere sollevata a sicuro vantaggio di entrambe le parti.
In conclusione, visto il filo sottile che lega i diversi interessi dell’azienda e del professionista, anche in un’ottica di futuri rapporti commerciali, è consigliabile discutere con un professionista di questi aspetti.
Avv. Rosamaria Interdonato
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